Eccoci di nuovo nel mondo di Mara Motta. Un angolo popolato di sentimenti forti, accompagnati da una grande vitalità. Ci accoglie subito una sorta di dichiarazione di poetica: le parole nascono da emozioni profonde e trovano così la loro via verso la luce, anche se a volte sembra fuggire via. La mente ricorda “assenze, ferite, tradimenti” e ci si sente come in un cono d’ombra.
C’è, a tratti, una sorta di angoscia del vivere, ma più forte è la “paura del non vivere”: nasce allora la reazione, l’adesione alla realtà.
Tema fondamentale è, come sempre in Mara Motta, l’amore, coniugato in tutte le sue forme – per una persona, per la natura, per il creato e, dunque, per la vita –, con accenti di tenerezza, slanci di passione, apertura all’altro nel riconoscimento di un comune sentire. Spesso sono i ricordi a dominare, ma talvolta la memoria cede, lasciando il passo alla nostalgia, vissuta però come momento di pausa e conforto.
Su tutto, c'è la consapevolezza del fluire del tempo che non demoralizza né avvilisce, ma rinnova l’invito a vivere, lottare, amare, cadere e rialzarsi, nell’accettazione dell’esistenza in tutte le sue valenze, rifiutando la pericolosa, affascinante tentazione dell’indifferenza.
In copertina: quadro di Gino Berardi, tecnica mista su tela, 1997 (part.)